FRANCIA 2015
Per gli appassionati dei
cani inglesi da ferma, che costituiscono ancora una parte rilevante
della cinofilia italiana, anche, ma non solo, dal punto di vista
storico e culturale, la Coppa Europa rappresenta senza alcun dubbio
l'evento principale dell'anno, l'apice dell'interesse, il sogno più
bello e più, o meno, impossibile.
E, conseguentemente, per
un giudice di prove italiano, cioè di un paese dove questa cinofilia
ha raggiunto da lungo tempo il massimo sviluppo in Europa, ricevere
l'incarico di Commissario Tecnico della squadra nazionale è il
traguardo, l'onore più ambito, che vale da solo il più alto
coronamento di una carriera cinofila.
Così, si può ben capire
che, quando, su proposta del Pointer Club d'Italia, ricevetti dall'
E.N.C.I., nello scorso mese di novembre, l'inaspettata designazione,
i due moti che subito si agitarono in me furono di grandissima
emozione e soddisfazione, da un lato, e di forte preoccupazione,
dall'altro. Oltretutto, esistevano due motivi capaci di generare
ansia: la mia precedente fortunata esperienza di selezionatore nel
1998, in Spagna (quasi un'utopia sperare di ripeterla!) e la piena
consapevolezza che la Coppa in Francia è sempre stata, per noi
italiani, un obiettivo molto arduo da raggiungere. La prima cosa che
vien da pensare, in questo caso, è che la nostra ultima vittoria
risaliva al 1988, quando la squadra italiana, guidata da Oscar
Monaco, trionfò a Chartres. Ventisette anni sono un lungo ed
eloquentissimo lasso di tempo. Riuscire in questa impresa appariva
subito estremamente difficile, per l'insieme di motivi tecnici che
tutti conoscono, o possono agevolmente immaginare. Le mie
comprensibili preoccupazioni riguardavano in primo luogo i ritmi
frenetici di un calendario densissimo d'impegni per i nostri cani, e
la scarsa o nulla possibilità di ambientamento e allenamento in
loco, presupposti da ritenere fondamentali per poter coltivare
qualche speranza. Inoltre, da troppo tempo ormai, è invalso il detto
che l'Italia la Coppa può solo perderla: per noi, vincere è
considerato un obbligo. Ma l'esperienza sta lì a dimostrare che
certi obblighi sono tremendamente difficili da adempiere. Tuttavia,
eravamo in ballo, e bisognava ballare.
La prima cosa che ti
viene spontanea è riandare con la memoria a ripercorrere tutta la
storia, lunga e gloriosa, che da sessantacinque anni si dipana da
quell'ormai lontanissima prima edizione del 1950, a Bolgheri, nella
mia terra. Un maremmano chiamato a difendere il prestigio e l'onore
dei nostri colori nella madre di tutte le prove, che vide, in quel
tempo remoto, la nostra prima insperata vittoria proprio nella
Maremma toscana. Un'occasione irripetibile, e un gran bel problema!
Sì, incombenza non da
poco, ma, come ho detto, non c'era altro da fare che impegnarsi al
massimo. E in questi mesi il mio impegno è stato continuo, assiduo.
A tavolino, e sul campo. Ho ripensato, analizzato, riflettuto,
andando indietro nel tempo a rivisitare tutte le edizioni di Coppa
cui ho assistito, non poche, e anche quelle cui non ero stato
presente; stilando un elenco di cani, e cercando di sviscerare a
fondo il loro curriculum, le loro caratteristiche, la loro storia, e,
perché no, la loro psicologia, e soprattutto i risultati conseguiti
nei tempi più recenti. Addirittura guardando e riguardando i loro
video disponibili sul web. E rivivendo nella memoria le loro
prestazioni, rileggendo relazioni, compulsando i ranking stagionali.
Come è ovvio, il tormentone, trattandosi di Francia, era la
prevedibile massiccia presenza di lepri, e anche caprioli, senza
contare il fatto che la nostra attuale generazione di cani non aveva
quasi mai, o mai, messo piede in Francia, da alcuni anni! Bisognava
cercare di intuire quale poteva essere, per le loro caratteristiche,
la capacità di esprimersi meglio sui terreni francesi, che avevo in
mente piuttosto bene.
Ma, naturalmente, da
questo preliminare lavoro di organizzazione e di studio teorico,
bisognava passare finalmente anche alla pratica. E dunque via in
Serbia a novembre, dove tutte le mie premesse tecniche dovevano
cominciare a confrontarsi con la evidenza dei fatti. Da quella
trasferta bisognava tornare con idee già delineate, con un primo
elenco, anche se ancora ampio, e suscettibile di variazioni, di cani
e conduttori. È necessario osservare e riflettere, ma anche,
talvolta, scambiare qualche parola con gli addestratori, cercando di
cogliere, qua e là, con apparente noncuranza, certe sfumature, un
dettaglio, che possa far capire qualcosa in più della vita privata
di un cane. Piccoli trucchi, se vogliamo, ma che fanno parte del
mestiere.
Altro aspetto molto
importante è l'attenta approfondita valutazione della condizione
psico-fisica del cane atleta, e ancor di più, possibilmente, il
programma della sua preparazione, per quanto è possibile. È a tutti
ben noto che il mese, o poco più, di sosta invernale deve servire a
rimediare ad eventuali acciacchi fisici, a rimetter su un chiletto o
due, a recuperare le energie: ma poi queste energie, atletiche e
mentali, vanno dosate, centellinate, e va fatta una rigorosa tabella
di preparazione. Bisogna cercare, in ogni caso, di portare il cane, a
poco a poco, a raggiungere la forma giusta al momento giusto, e si sa
bene che la forma si raggiunge lentamente, pazientemente,
gradualmente, ma poi si mantiene per poco tempo: i cani da Coppa
devono essere all'apice in Coppa, non prima.
Cercando di tenere sempre
ben presenti tali criteri, ho seguito da cima a fondo le due tournée
di Spagna, dal 4 al 13 febbraio, e di Serbia, dal 5 al 17 marzo, e
credo di averne tratto dati estremamente utili. Rientrato in Italia
il 18 sera, la mattina del 22 marzo, nottetempo, sono partito per la
tappa conclusiva, e decisiva, quella di Francia. Avevo ormai una
ristretta cerchia di nomi tra cui scegliere: alcuni cani e
conduttori non potevano partecipare, e questo comportava anche
perdite gravissime per la nostra squadra, ma restavano comunque
ottime carte da giocare. In Francia, nella settimana che precedeva la
Coppa, ho trovato le conferme che cercavo, e finalmente ho potuto
trarre le mie conclusioni. La squadra italiana è stata così
formata: due setter, Desianensis Linux, allevatore e proprietario
Lidio Riva, e Nolo del Zagnis, allevatore Libero Zagni, proprietario
Sergio Tosi, entrambi condotti da Ernesto Pezzotta; e due pointer:
Mosè del Sargiadae, allevatore Silvio Marelli, proprietario Luigi
Parpajola, conduttore Stefano Girandola, e Picenum Zafir, allevatore
Americo Procaccini, proprietario Sergio Milia, conduttore Davide
Bruni; riserve: Camerata, proprietario Raffaele Lamberti, allevatore
e conduttore Emanuele Targetti, e Hollywood del Sargiadae, allevatore
Silvio Marelli, proprietario Lidio Riva, conduttore Severino Traina.
In tutto l'arco di tempo
durante il quale ho adempiuto le mansioni affidatemi, mi sono sempre
attenuto a molta cautela e prudenza, anche con un pizzico di
scetticismo. Ma dentro di me, senza darlo a vedere, anche la speranza
e la fiducia avevano un loro cassetto in cui erano gelosamente
custodite. Ed erano sempre più alimentate da ciò che osservavo sul
campo, nonché dalle impressioni, dai sintomi, dalle notizie che
raccoglievo con calma e pazienza. La mia fiducia crescente riposava
innanzitutto su una base solidissima e fondamentalissima: l'immenso
valore dei cani italiani, e dei professionisti italiani. E, in
generale, della cinofilia italiana dei cani da ferma inglesi. Come
si sa, gli italiani, oltre che di poeti, trasvolatori ecc, sono anche
un popolo di commissari tecnici. Ed è giusto che sia così, perché
testimonia la profonda passione. Senza passione, senza un così
largo, diffuso, tenace attaccamento e coinvolgimento non si possono
raggiungere grandi mete. Da tempo, aleggiava qua e là una opinione,
dai risvolti un po' critici e pessimistici: la vita dei nostri cani
esser diventata un po' troppo facile, perché abituati a troppe
starne! Ebbene, tutte le opinioni sono legittime, ma devono comunque
confrontarsi con la realtà. E la realtà delle memorabili giornate
francesi di quest'anno ha parlato, inequivocabilmente, in modo
opposto: i cani e i conduttori italiani hanno vinto quasi tutto
quello che c'era da vincere! Senza contare che anche i due cani che
in Coppa non sono andati a punto, hanno subito dopo presentato la
realtà delle loro credenziali: Mosè CACIT nel Prix d'Excellence, e
Linux CAC al campionato europeo setter!
Tutto è bene quel che
finisce bene. Il merito, in primissimo luogo, va, come detto, ai
nostri grandissimi cani, che sono dei campioni, e ai nostri
grandissimi professionisti, che sono degli artisti. Poi a tutti gli
altri, allevatori, proprietari, tecnici, appassionati: tutti, e per
fortuna sono ancora una infinità, contribuiscono all'enorme
prestigio della Grande Cerca italiana. Inoltre, debbo doverosamente
aggiungere un ringraziamento al Pointer Club d' Italia, che mi ha
proposto a questo onorevole incarico, e all' E.N.C.I., al Presidente,
e al Consiglio, che lo hanno ratificato, ed a gli uffici dell'
E.N.C.I., che mi hanno coadiuvato e supportato. Ma tengo in
particolar modo a precisare che un ruolo decisivo, senza il quale
l'esito non sarebbe certissimamente potuto essere quello che è
stato, è quello di chi mi ha dato costante preziosissimo aiuto,
conforto, collaborazione, sostegno. E tutto questo senza mai
minimamente interferire in alcun modo con le mie scelte: mi riferisco
a Silvio Marelli, e anche a Francesco Balducci. Non solo, ma anche a
tanti altri giudici e cinofili italiani, e stranieri. Desidero
inoltre ringraziare l'organizzazione francese, per aver messo a
disposizione di tutta la cinofilia europea un magnifico palcoscenico
di terreni e di starne.
Detto questo, di ciò che
rimane, cioè dell'esito vittorioso che ci ha arriso, i restanti
meriti sono così da suddividere in percentuale: il 5% all'impegno e
alla dedizione del sottoscritto, il 15% a fattori pratici, logistici,
organizzativi, l' 80% alla fortuna.
Appena rientrato a casa
ho scritto una breve nota su facebook, di cui vorrei citare la
conclusione: "La trasferta in Francia è stata memorabile sotto
tutti i punti di vista, indipendentemente dall'esito favorevole che
la fortuna ci ha voluto accordare. Terreni stupendi, starne stupende,
ambiente, anche e soprattutto umano, stupendo. C'è una infinità di
cose, grandi e piccole, e tante persone gentili, che mi hanno
aiutato, mi hanno fatto sentire a mio agio, e mi hanno reso felice.
Ieri sera, all'imbrunir del giorno, sono passato "davanti San
Guido". Bei cipressetti, cipressetti miei ... Ho sentito
riempirsi gli occhi di lacrime, e il cuore preso in una stretta di
indicibile commozione, mentre il dì cadente brillava roseo tra i
verdi cupi. Il 23 Marzo 1950 si corse, a Bolgheri, per volontà dei
grandi padri della cinofilia europea, nel dolce piano che al mar
Tirreno dichina, la prima Coppa Europa. E l' Italia vinse quella
prima Coppa, quella stessa Coppa che in quel preciso istante, dopo
sessantacinque anni esatti, passava di lì con me, "mentr' io
così piangeva entro il mio cuore", e tornava in Maremma, donde
era iniziato il suo lungo e glorioso peregrinare”.
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