Serbia primavera 2013
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A novembre sarei dovuto
andare, ma fui trattenuto da un impegno che poi si rivelò una
perdita di tempo ma di cui non riuscii a spostare la data. Il noioso
contrattempo, se non altro, ha accresciuto il desiderio di poter
tornare. L' occasione si è presto ripresentata, e così lunedì 4
marzo, a distanza di circa un anno, ancora una volta ho fatto vela in
direzione Est. Solito copione, si salpa l'ancora dal quel porto di
mare sempre più caotico che è Fiumicino, e si fa rotta verso un
porto assai più tranquillo e accogliente, il Nikola Tesla di
Beograd. La differenza tra i due approdi, quello di partenza e quello
di arrivo, assume un chiaro significato simbolico, assai più
generale. È l'espressione del carattere essenziale di due luoghi
che, probabilmente mai come questa volta, mi appaiono lontani e
diversi. Mi lascio alle spalle un ambiente che mi riesce sempre più
ostico e sgradevole, ed entro in un altro che mi appare più adatto
ad accogliermi. Leonardo da Vinci, e Nikola Tesla, sono i due poli,
l'uno mi respinge con tutto quello che ad esso, anche solo
istintivamente, associo, una realtà in costante degrado, in preda a
frenesie ed allucinazioni e rigurgiti e tempeste di follie che
aborro, l'altro mi attrae col canto delle sirene di una minor
confusione, di un po' di quiete, di una vita ancora un po' diversa,
meno contraddittoria e sfilacciata e schizoide e irragionevole. Il
magma dell'oppressione, del conformismo e dell'arroganza, contro
qualcosa d'altro, la tenue melodia, almeno in sottofondo, di un
quotidiano meno stravolto e stravolgente, più plausibile, meno
assillante, meno brutto e volgare: un po' più sereno. Un po' più
umano. Voglio una settimana di quiete, cerco il "rus”
oraziano, il "via dalla pazza folla” di quel Thomas Hardy che
molceva le mie ingenue cure d'imberbe fanciullino. Ho bisogno di
immergermi in una atmosfera simile a quella artificialmente racchiusa
entro le proustiane pareti di sughero, un piccolo strappo, lontano
dal rumore insensato, a ricercare, sia pure per pochi giorni, i dolci
sospiri di giovinezza, a risentire il tenero sapore dell'illusione, a
gettarmi dietro le spalle, anche solo per poco, lo sgradevole
incessante brontolio di un modo di stare al mondo litigioso e
illogico, in cui mi riconosco sempre meno, che mi riesce sempre più
estraneo, insopportabile, sconfortevole. Una settimana al sicuro
dalle voci gracchianti della TV, fuori dal coro delle pecore
arrabbiate, fuori dall'impero trionfante della prepotenza e
dell'idiozia. Vi pare poco? O Patria mia, rimanti, lasciami la
piccola consolazione di questo ebdomadario intermezzo, rimanti,
rimanti a bollire nel tuo brodo sempre più antipatico e indigesto.
Qui, per arrivare a Niš,
si percorrono più di 200 km di strada, una strada normale,
ragionevole: il GRA è solo un brutto sogno? Un incubo fortunatamente
svanito in un rassicurante risveglio? Qui si fuma. Qui non ti rompono
i cabbasisi. Qui ci sono le starne.
Per
uno come me che emerge in questi lidi a riprender fiato mediamente
una sola volta l'anno, e quando lo fa in genere è ospite
accompagnato nei suoi brevi spostamenti, non è per niente facile,
ogni volta, cercare di raccapezzarsi, orientarsi, tra queste strade e
stradine, vie e viuzze, cartelli in cirillico sempre faticosi da
leggere. Specie per uno che mentre lo scarrozzano in qua e in là
sta quasi sempre a pensare ad altro. Comunque, il quadro topografico
e toponomastico sostanzialmente è questo: tutto si svolge entro i
confini di un quadrilatero che somiglia molto a un trapezio. La base
maggiore è una verticale, da Nord a Sud, che va dall' Hotel Nais (al
momento inattivo) a Dolijevac. L'altezza è una orizzontale, da Est a
Ovest, che congiunge Dolijevac con Zitoradja. La base minore risale
da Zitoradja a Merosina. E da Merosina il trapezio si chiude di
nuovo verso il Nais. Superficie del trapezio all'incirca 25.000
ettari, più o meno. In realtà, al suo interno quelli che entrano
effettivamente a far parte del gioco (ma che bel gioco!) sono solo
alcuni nuclei ben definiti e circoscritti, che in particolare questa
volta per me sono stati Zitoradja 1 (la piana tra fiume e ferrovia, a
partire da Jasenica, a destra della strada che va a Prokuplje) e 2
(la parte collinare a sinistra della medesima strada), Lalinske
Pojate (sotto e sopra-strada), Lalinac, Dolijevac. Dule sovrintende,
e poi il rito è officiato da potenti ministri, che, ciascuno nella
propria zona, dirigono (a perfezione) la musica, Marko, a Zitoradja,
Boban, a Lalinske Pojate, Prike, a Lalinac, Dragan, e figli, a
Dolijevac. Il tutto coadiuvato e corroborato da una schiera di
collaboratori altrettanto solerti ed efficienti. Ne vien fuori un
concertato di rara bellezza. Il fulcro è il campo del barrage, tra
Mezgraja, Vrtiste e Trupale, all'ombra della solenne bianca basilica.
La dislocazione di noi giudici non è unitaria e solidale, ma
duplice, e piuttosto ai margini. Io, e alcuni, siamo allo Zeleni Vir,
sulla strada che va da Niš
a Merosina, altri sono al Complex-Vidikovac, alla periferia
meridionale di Niš. I vari spostamenti e collegamenti ne risultano
alquanto indaginosi e laboriosi.
Nel
pomeriggio di sabato, finita la nostra gara, eravamo in un bar di
Zitoradja. Per consentire a chi ci aveva accompagnato di non doverci
subito riportare alla nostra base, ci fu chi molto gentilmente si
prestò a farlo in sua vece. Così salimmo nel suo fuoristrada, e,
anziché riprendere la strada da cui eravamo venuti, cioè verso
Dolijevac, tagliammo all'interno, verso Kostadinovac, per poi
prendere a destra in direzione di Merosina. L'itinerario sale un po'
sulle colline, fino a che, quasi d'incanto, ci si affaccia alla
sommità, per scoprire davanti allo sguardo una visione idilliaca. Ai
dorati raggi del sol calante si apre lo spettacolo più bello che un
viandante cinofilo possa immaginare: nuovo mondo, paradiso in terra!
Tutto il sacro piano, teatro delle nostre avventure e delle nostre
folli passioni, era lì, giaceva solennemente, aperto come un libro
magico. In fondo, a destra, Niš, e dinanzi a noi gli sconfinati
campi percorsi e percossi dai nostri trialer, fatti vibrare dal
battito d'ali delle starne, risonanti del trillo dei fischi e degli
squilli delle trombe. Uno dei più grossi sbagli che possa aver
commesso è stato quello di non chiedere, al nostro cortese
nocchiero, di fermarsi, solo per un attimo. Sarei dovuto scendere, e,
affacciatomi a quel sublime balcone, fare almeno una fotografia, da
custodire nel quaderno dei sognanti ricordi. Troppo bello. Se chi
legge si troverà anch'egli a percorrere quella stessa strada, non
faccia come me, si fermi. Respiri, osservi, apra il suo cuore, e
scatti la foto.
Sono
indeciso sul da farsi. Se mettermi a fare il solito sommario di ciò
che ho visto, oppure limitarmi a riferire, qua e là, le impressioni
che più vivide si sono impresse nella memoria. Alcune cose,
tuttavia, devono essere registrate. Come lo stato dei terreni, che mi
sono sembrati perfetti, più belli che mai. E come le starne: belle,
e tante, come gli anni passati, e forse ancora di più. In ognuno dei
già elencati terreni che ho battuto, la loro densità è stata
pressoché costante. Coppie praticamente per quasi tutti i turni (il
richiamo qui diventa un'evenienza molto rara), ma ci sono delle parti
e dei momenti dove si raggiunge l'eccesso: due, quattro, sei, e anche
più, coppie per turno!
Certo
che, dopo un primo giorno di sole e buon tempo, la stagione non
aiuta. In particolare, dopo le prime avvisaglie di mercoledì, il
terzo giorno di gara, giovedì 7 marzo, cade per tutto il dì una
pioggerellina abbastanza flebile, ma fitta e insistente. Fa sì che i
collegamenti divengano subito pressoché impossibili, e la marcia
attraverso i campi la più penosa che possa immaginarsi, una fatica
indicibile, ad arrancare sul terreno infido e sdrucciolevole,
trascinandosi dietro chili di fango inesorabilmente incollati ai
piedi. Figuratevi che agio e piacevolezza anche per i cani, a
spolmonarsi su quel vischio!
L'esordio,
martedì 5, nonostante la momentanea benevolenza degli elementi, non
è dei migliori. Fa caldo, e non c'è una bava di vento. Si indugia,
si traccheggia, si attende, nella pia illusione che prima o poi
arrivi un po' d'aria, ma niente da fare. Finiremo quasi a buio, senza
mai esser riusciti a mettersi su un solo terreno con un po' di vento
in faccia. Da tali difficoltà esce vittorioso il setter Zar delle
Furie dei Biagioni. L'allievo di Nuziata dimostra duttilità,
intelligenza, iniziativa, coraggio, e pone al suo attivo due ottimi
punti. L'indomani mattina al barrage compete onorevolmente con
Silver, Camerata, Clastidium Buch e Cucca's Okeo, ed è proprio il
giovane setter di Lombardi ad avere la meglio.
Mercoledì
6 svanisce, in modo pressoché definitivo, il pallido sole, ma almeno
c'è vento, e c'è la possibilità, a Lalinske Pojate, di affrontarlo
pel verso giusto. Ne vien fuori una gara bellissima, con terreni e
starne per tutti. Di quel giorno, l'immagine più grandiosa che mi
rimane indelebilmente impressa nella mente e nel cuore è quella di
Flok della Vertematese, guidato da Pezzotta: un gigante! Con
sincerità e obbiettività, anche riandando a ritroso nel tempo, per
lustri e decenni, non si riescono a trovare troppi termini di
paragone, e, tutti quelli che trovo, sono quelli dei grandissimi.
Flok ferma, le starne non si palesano, lui riparte furibondo e a poco
a poco oltrepassa gli estremi confini di quella che, purtroppo,
viene convenzionalmente considerata la massima tolleranza possibile.
A vendicarlo ci pensa il suo compagno di allenamento, il setter
Desianensis Linux: una gara assolutamente perfetta, ineccepibile
sotto tutti gli aspetti, e un grandissimo punto, preso e risolto da
campione. Nel barrage a sei Linux ribadisce l'eccezionale condizione,
e Sting, di Targetti, si aggiudica la Ris. CACIT.
Il
dì seguente, stessi terreni, ma cambiano gli attori. Una gara anche
oggi stupenda, sotto la pioggia, ma molti grandi cani bersagliati da
una incredibile contrarietà delle stelle. Faccio la prima conoscenza
di un pointer bianco-marrone, grande e possente, che sciorina una
prestazione di alto livello, molto alto. Si tratta di Iarro,
presentato da Dotti. Sempre sul vento, sicuro, continuo, impavido,
martellante, vigoroso, dominatore. Vince bene la gara, e vince
altrettanto bene, il mattino dopo, l'arduo barrage a sei, con Silver
di Cantoni a seguirlo.
Venerdì,
per un giorno, s'interrompono le miste, e si corre una speciale
setter. Nella quale ritrovo la Belen del Sargiadae, ben nella mano di
Girandola, maturata e affidabile. Vince lei, con due bei punti, e suo
fratello Bolero, condotto da Traina, con ben tre punti, la segue a
ruota. Una giornata lunga, anche perché i terreni, e le starne, di
Lalinac, esercitano rapinose tentazioni su molti, e molto forti,
protagonisti.
Sabato
torno a Zitoradja, impegnato nella prova a starne. Ma il destino
vuole che anche oggi il vento ce la metta tutta, ma proprio tutta, a
creare le condizioni più difficili per i cani, in mezzo a tante, ma
tante starne, talvolta troppe.
Siamo
già all'epilogo. Giornata conclusiva a Dolijevac, dove vige la
massima concentrazione possibile e immaginabile di jarebice. Il più
bravo a cavarne le gambe è Abbagliante, il pointer di Eschini,
vincitore di una gara resa interminabile dalla assoluta
impossibilità, causa pantano, di accettabili collegamenti. Il
barrage lo vince Silver, con la Ris. a Ria dei Boselli, esplosiva.
Annotazione
a margine. Nonostante l'ennesimo cambiamento di rotta nei metodi di
formazione delle batterie, e l'improvviso ripescaggio della
"rotazione”, non ho avuto la possibilità di vedere i cani dei
seguenti conduttori: Baraghini, Bruni, i pointer di Cantoni, i
pointer di Girandola, Lombardi, Pioppi, e forse altri che ora possono
sfuggirmi.
Lunedì
torno faticosamente in Italia. Dal punto di vista generale, mi
attende tutto quello che tanto volentieri mi ero lasciato alle spalle
solo una settimana prima. Dal punto di vista cinofilo, mi attendono i
ricordi, e il quagliodromo.
Bilancio
complessivo. Molti cani all'apice della forma, alcuni, spesso, con
marcate difficoltà a rimanere in mano. Sostanziale, e magnifico,
equilibrio tra le due razze. Tanta qualità. Starne sovrane e
strepitose. Condizioni ideali per fare severa e veritiera selezione.
Viva la Serbia e viva il trialer!
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