La Grande Cerca
La
Grande Cerca (GC) è stata probabilmente concepita, al suo nascere,
come modello stilizzato, come sintesi ideale e semplificata al
massimo, della caccia all'inglese, quale ci viene descritta, per
esempio, da William Arkwright nella sua opera dedicata al pointer.
Terreni amplissimi, non troppo ondulati, dove si cacciano uccelli
(pernici o grouse in brigata) con una coppia di cani da ferma che
esplorano estesamente i campi in un lavoro di concerto, di conserva,
si direbbe in gergo marinaresco, noto come cerca incrociata. L'ideale
astratto della cerca incrociata è stato poi applicato al regolamento
della GC, con il teorico, ma lodevole, intento di assicurarsi il
più completo vaglio della campagna. Il tracciato che i cani
dovrebbero disegnare obbedendo a questo metodo è a tutti noto:
partenza ortogonale, ciascuno dal proprio lato, rispetto alla
direzione del vento, poi virata ampia di giusta profondità, per
intraprendere un tragitto in diagonale rivolto verso il lato opposto,
con incrocio a centro campo, alla stessa altezza del compagno di
coppia.
In
Italia, e altrove in Europa, si può dire che si corrano prove a GC
da più di un secolo. Tuttavia l'inizio vero e proprio di questa
disciplina, come è conosciuta ed attuata oggi, può esser fatto
ragionevolmente risalire a gli anni che di poco precedettero, nel
secolo scorso, il secondo periodo bellico. In Italia lo sviluppo
rigoglioso e rapido è avvenuto soprattutto nell'epoca immediatamente
successiva al conflitto, tanto che proprio da noi la prima edizione
di Coppa Europa, a Bolgheri, nel 1950, ha ufficialmente sancito una
certa unità d'intenti e di vedute tra varie nazioni europee,
inizialmente Italia e Francia, e subito dopo Svizzera e Belgio, a le
quali poi, col passare degli anni, se ne sono a poco a poco associate
molte altre.
È
facilmente intuibile che l'enorme esperienza accumulata durante tutto
questo tempo, la serietà e continuità ed efficienza
dell'organizzazione, la cultura cinologica e la forte preparazione
tecnica, insomma il patrimonio dottrinale, e pratico, che si tramanda
di generazione in generazione, hanno fatto sì che tutto ciò in cui
consiste la GC, e che essa implica e presuppone e comporta, abbia
raggiunto dei livelli di eccezionale perfezione, il che costituisce
la garanzia di base, fondamentale credenziale per l'attendibilità
del sistema.
Finalità
per il conseguimento delle quali è stata istituita la GC
Lo
scopo dichiarato si può dire sia sostanzialmente uno, che potrebbe
forse definirsi come la coltivazione, il mantenimento, la
salvaguardia e la tutela delle caratteristiche peculiari delle razze
dei cani da ferma inglesi. Concetto che ha trovato in Giulio Colombo
la più chiara espressione e il più determinato sostegno. Colombo
era convinto, secondo me a ragione, che, senza la continua verifica,
attuata mediante il terribile banco di prova della GC, le razze
setter e pointer sarebbero inevitabilmente andate incontro a una
progressiva involuzione, a un fatale decadimento, che le avrebbe
portate a snaturarsi e a perdere quelle eccelse qualità che ne hanno
sempre fatto un meraviglioso patrimonio, di inestimabile valore
biologico, culturale e zootecnico. Se questa era sostanzialmente
l'impostazione di Colombo, è quasi scontato aggiungere che,
nell'ambito della Cinofilia Italiana, molte altre eminenti
personalità di grande spessore tecnico l'hanno condivisa e hanno
fornito un decisivo contributo teorico e pratico. Quindi, da questo
punto di vista, la prima esigenza che ha oggettivamente mosso i
fautori della GC si può così definire: l'obbligo
morale di difendere un patrimonio animale, umano, biologico,
culturale, prodotto e affinato attraverso secoli di studio, dedizione
ed esperienza. In
questa ottica la GC assume la funzione di pietra di paragone, di
unità di misura ufficiale a cui si possa far sempre e in ogni caso
riferimento per valutare lo stato delle razze. La GC come cartina di
tornasole, come pHmetro, come polso della situazione, come stato
dell'arte. La GC come ago magnetico dell'allevamento di setter e
pointer, la GC come diapason.
Oltre
a questo ci sono, come è ovvio, altre proprietà ed altre funzioni
altrettanto importanti.
Lo
spirito estetico e pedagogico della GC
Vi
sono dei risvolti morali nella concezione classica. Il sogno
archeologico, antiquario, di conservazione di una ritualità e di
un'arte, sottratto al tetro declinar dei tempi. Il nostro gusto
puristico dello stile, da tramandare ai posteri. Colombo sosteneva, e
probabilmente a ragione, e ad onta del conformismo dei mediocri
(questo sì che sopravviverà ad ogni epoca, intramontabile) che lo
stile nasce dall'agonismo. È la strenua lotta a richieder di adunare
tutte le risorse, anche quelle più nobili e preziose, tra cui primo
è lo stile, per aver ragione dell'avversario. E la nostra pedagogia
è la pia illusione (illusione, sì, forse, ma pia): Oh miglior
gloria, ai figlioletti intenti / narrar le forti prove e le sudate /
cacce ed i perigliosi avvolgimenti.
La
testimonianza è culto del bello, e senza questo nulla può la nuda
tecnica. Noi vogliamo vincere di mille secoli il silenzio.
La
GC come banco di prova
L'arcinoto
postulato a fondamento del teorema è il seguente: se noi stabiliamo
delle regole, cogenti il trialer a compiere nella febbrile
concitazione della strenua lotta, a velocità massima, le cose che il
bravo cane da caccia riesce a fare scodinzolando e sommando tre passi
in un mattone, avremo la certezza di possedere la matrice, lo stampo,
il conio. La pietra filosofale sarà nostra.
L'idea
è valida. Non può non esserlo. Prima di tutto perché corroborata
dall'esperienza. Ognuno di noi sa, per averlo più e più volte
constatato de visu, che le buone virtù si esercitano con relativa
facilità senza pressione. Ma quando invece la pressione incombe,
quando si deve riuscire a fornir l'opra in una frazione di secondo, e
non anzi il chiarir del giorno dopo, e per giunta col fiato del
rivale sul collo, la situazione cambia diametralmente: quello che era
alla portata di molti, o di non pochissimi, diventa privilegio di un
solo.
Il
trialer, sottoposto in una manciata di minuti all'impegno fisico e
nervoso che un cane normale produce nell'arco di un mese, ci
elargisce la prova certa di esser fatto di rarissima pasta eroica. Il
migliore acciaio temprato è la materia di cui son fatti suoi
visceri, muscoli, nervi. Non solo per riferimenti siderurgici abbiamo
usato questo termine: "temprato”.
La
GC come laboratorio sperimentale
Il
passo dal precedente assunto è breve. Anche se la questione si
complica, e va analizzata accuratamente. Bisogna riandare a
"L'origine delle specie”, alla distinzione che l'Autore vi fa tra
selezione naturale e selezione operata dall'uomo. Insomma, al
concetto fondamentale di "selezione”, ovvero di "scelta del più
adatto”. L'esperimento, in questo caso, ha bisogno che sia
approntato un laboratorio, che possegga i necessari requisiti.
Occorre stabilire quali siano i materiali, e definire esattamente i
metodi. E questo è proprio quello che ogni volta si fa quando si
organizza una prova a GC: terreni starne e tutto il resto. Non
essendo possibile ottenere risultati quantitativi, numerici, è
necessario avvalersi dei giudici. Questa è una condizione frequente
in ogni procedura sperimentale, e non inficia in alcun modo il valore
e la significatività dell'esperimento.
Una
cosa è essenziale aver ben chiara: che cosa ci possiamo aspettare, e
che cosa non possiamo pretendere. In altri termini, quali sono le
caratteristiche che un soggetto, superando il test, dimostrerà di
possedere in grado più o meno elevato, ma comunque sempre al di
sopra del livello richiestogli perché sia considerato "adatto”.
E qui è necessario fare attenzione.
La
nota del concorso
La
nota del concorso è il grado di intensità dell'azione, il ritmo e
la continuità dell'azione necessari ad esplicare una cerca di
amplissimo raggio in tempi estremamente ridotti: Spazio fratto
Tempo, cioè a dire Velocità.
Poiché
il concetto fisico di velocità non coincide con quello del gergo
tecnico-sportivo, dobbiamo assolutamente essere chiari su questo
punto, ad evitare pericolosi fraintendimenti. In fisica la velocità
è lo spostamento nell'unità di tempo. Nel gergo tecnico-sportivo è
l'attitudine ad essere molto veloci in un breve tratto. Per esempio,
in atletica sui 100 e i 200 metri, e, in parte, sui 400. Come in
atletica, anche nel ciclismo è la capacità di toccare quasi
istantaneamente altissime punte di velocità negli ultimi metri di
una corsa (lo sprint). E via discorrendo. Sempre nell'atletica, per
contro, le corse su distanze di 800 metri ed oltre sono considerate
di fondo (nelle sue tre distinzioni di mezzo fondo, fondo e gran
fondo). E' ormai da gran tempo accettato, e accertato, in fisiologia
dello sport, sia per quanto riguarda l'allenamento, sia anche
riguardo alla gara, che la dote più desiderabile, e di maggior
valore, di un atleta sia quella di esprimere e mantenere una velocità
elevata su la distanza, conservando però la capacità di una brusca
accelerazione (Spazio fratto Tempo al quadrato) nell'ultimo tratto
della corsa, in prossimità del traguardo. La qual cosa è la più
preziosa caratteristica che si evidenzia al più alto grado nella
"killing
race” (i
400 metri), ma poi anche nelle gare di mezzofondo (800 metri e
oltre). Nel Purosangue Inglese, massima espressione di animale da
sport, la qualità di riferimento è il saper tenere un'alta velocità
su distanze intorno ai 2000 metri, o poco superiori, conservando la
freschezza e la capacità di scatto, di allungo, di bruciante
accelerazione, nell' ultimo "furlong” (ultimi 200 metri). Questo
contraddistingue il campione, nel suo moderno concetto. Siffatte
considerazioni, o anche altre analoghe, ci introducono a inquadrare
la performance atletica del trialer nella sua corretta dimensione.
Il
trialer atleta
Se,
con il facile ausilio che le moderne tecnologie mettono a
disposizione di tutti, andiamo a dare un' occhiata ai principali
campi dove si corrono al giorno d'oggi le più importanti prove a GC,
e facciamo anche qualche misurazione, possiamo agevolmente constatare
che il terreno assai raramente è largo meno di un chilometro.
Possiamo fare alcuni esempi, per corroborare le nostre asserzioni con
dati di fatto (Google Maps©).
Vrtište,
terreno del barrage: 1940 metri. Lalinac: 1750 metri. Lalinske
Pojate: 1180 metri. Doljevac (T): 1120 metri. Zitorada (ferrovia):
1000 metri. Eccetera. È da tener presente che queste misure,
larghezza massima del campo con direzione del vento che coincide con
l'asse mediano, sono suscettibili di allungamento, anche
notevolissimo, qualora la direzione del vento sia obliqua. Posso
tranquillamente affermare, per diretta esperienza ormai più che
decennale su i terreni sopra citati, che non sono affatto rari i casi
di cani che estendono la cerca da una estremità all'altra. Basiamoci
tuttavia su una estensione meno estrema, e poniamo che il cane parta
sul lato e viri a 400 metri. È constatazione usuale che egli, assai
spesso, ripasserà al centro, dinanzi alla giuria, all'incirca allo
scadere del primo minuto. Quindi circa
800 metri in un minuto, pari a circa 50 km orari. Giulio Colombo si
chiedeva: che cos'è che spinge il trialer a battere a 50 km all'ora
la piana di Bolgheri? Come si vede, la sua stima era certo prossima
al vero. Attualmente, con le risorse tecnologiche di cui disponiamo,
sarebbe possibilissimo acquisire dati certi, per esempio anche solo
mediante l'uso di collari GPS. Ma in questa sede per noi sono
ampiamente sufficienti le stime approssimative che abbiamo fatto.
Orbene,
non è per nulla infrequente che un cane protragga per molti minuti
un impegno continuo e costante del tipo suaccennato. Se si ipotizza,
ragionevolmente, una durata media di 5 minuti, questo significa che
il cane potrà avere all'incirca percorso fin quasi 4 kilometri.
Un'enormità! È importantissimo tenere presente che lo avrà
fatto, quasi sempre, su terreni difficilissimi e durissimi.
Federico
Tesio si dilunga estesamente a dimostrare che il purosangue è
l'atleta più possente e veloce che esista. Prendiamo i tempi dei
vincitori del Derby di Epsom, per esempio dal 1950 al 1970, da
Galcador a Nijinsky: si va da un massimo di 2'41''98 di Santa Claus,
nel 1964, a un minimo di 2'34''68 di Nijinsky, nel 1970. La velocità
del figlio di Northern Dancer nel coprire i 2400 metri è stata
pertanto di quasi 56 km/ora (quella di Santa Claus circa 53 km/h).
D' accordo: con 58 kg di peso da portare, ma su 2,4 km e sulla
magnifica erbolina della pista da corsa di Epsom.
Ma
consideriamo poi che un cavallo classico sostiene, nell'arco di un
anno, al massimo due, tre impegni del genere. Un cane da GC uno al
giorno per diversi giorni consecutivi, durante una tournée !
Come
si vede, abbiamo fornito dati di sufficiente eloquenza per mostrare
l'entità, la grandiosità di ciò che è capace di fare un trialer.
Un
tempo il regolamento della GC, in Italia, contemplava, a mio parere
molto ma molto saggiamente, un primo turno di cinque minuti per la
verifica della Nota, e un secondo turno per l'incontro. Ma la norma
non mi pare sia mai stata attuata, e anzi subito abbandonata. Il
compianto Alberto Chelini sosteneva che un turno di cinque minuti in
grande cerca sia ampiamente sufficiente, e andare oltre inutile e
dannoso. Il regolamento in vigore attualmente prescrive quindici
minuti, uno sproposito, e un non-senso fisiologico e tecnico. In
fisiopatologia dello sport è ormai pressoché da tutti accettato
che: nell'uomo l'allenamento deve essere in prevalenza accentrato su
scatti con sforzo breve e massimale; nell'animale la migliore
qualità, feno- e geno-tipica (nel senso: migliore allenamento per
evidenziare il reale valore individuale del soggetto, e migliori
risultati in razza da parte dei soggetti con tali caratteristiche),
si ottiene nello stesso modo, capacità di produrre, e sopportare,
brevi ma intensissimi cambi di velocità. Non per nulla nel
purosangue il ciclo annuale di selezione classica ha portato, nel
corso dei secoli, a una progressiva riduzione della distanza, con
abbandono delle Coppe, e anche dei tremila metri, e anche, in vari
paesi, tra cui l'Italia, dei duemilaquattrocento del Derby.
Mi
è capitato, anche in tempi non remoti, di sentir dire (da addetti ai
lavori !!!) che il trialer sarebbe un velocista. Come abbiamo visto
il trialer è un superfondista, un atleta da gran fondo.
L'epos
eroico del trialer
Abbiamo
accennato alla domanda retorica di Colombo: che cosa spinge. In
effetti, il motore da solo non basta. Nessun grande atleta è tale se
oltre alla eccezionale costituzione fisica non possiede anche le
stigmate psichiche. Ovvero quelle doti che si sogliono comprendere
nel termine Temperamento,
o Mentalità,
o Animus.
Per essere un gran pugile
non
basta la corporatura, occorre la "cattiveria”. Per scalare lo
Stelvio e il Mortirolo ci vuole la tenacia, la volontà, la capacità
di soffrire, di sopportare il dolore, fisico e morale.
Non
troppo tempo fa, un pointer affrontava un turno su gli arati in una
giornata di tregenda, temperatura sotto zero, gelido vento di
violentissima tempesta, tormenta di neve che aveva trasformato l'aere
in un algido candido caos turbinoso. Quel pointer, col passare dei
minuti. aumentava sempre più l'andatura, un galoppo travolgente, nel
suo viso pareva trasfusa un'atavica rabbia, la sua figura assumeva
tratti decisamente surreali, ora un po' più nitida, ora quasi
confusa nel bianco, delineata solo dall'alone indistinto che il vento
crudele spargeva a lui dintorno. Un riverbero, una nuvola in cui gli
dei omerici racchiudevano gli eroi guerrieri per celarli al fato
arcano.
Colombo,
nel definire il trialer, si è probabilmente ispirato alla bronzea
statua del Puro folle, di Adolfo Wildt, conservata a Milano e
raffigurante Parsifal. Il trialer come eterno Parsifal, eroe senza
macchia e senza paura.
Il
corpus
unitario della GC, ma il suo duplice destino
La
GC, modello stilizzato ed astratto, essenziale semplificazione,
costituisce, come abbiamo visto, la ricostruzione in laboratorio
dell' ambiente naturale darwiniano. Ed è un modello perfetto: non vi
sono mai state, non vi sono e non vi saranno incrinature nel modo di
intendere la sua essenza, e di tradurla in operazioni. Meccanismo di
selezione che ha sfidato enormi cambiamenti nel mondo circostante,
peraltro continuando a dimostrare, con i fatti, la sua invidiabile
efficacia, la sua perfetta coerenza.
L'individuo
adatto, che supera la prova ed è quindi idoneo alla prosecuzione
della stirpe, si può ben dire che racchiuda in sé almeno quattro
virtù sempre ritenute fondamentali, e tuttora pienamente rispettate:
-il fisico d'acciaio,
l'elettissimo corpo d'atleta
-l'animo
che aspira a gli alti ideali
-la
capacità di fermare le starne procedendo a velocità esasperata
-la
disposizione innata ad apprendere il severissimo addestramento
del trialer
La
GC può vedersi del tutto svincolata da ogni finalismo che non le sia
interno. La GC in sé e per sé, fine a se stessa, con l'unico
compito dichiarato di essere la riserva aurea, la banca del seme:
istituto per la conservazione del modello di pointer e setter di
qualità superiore, la GC è un patrimonio e trova in se stessa la
sua giustificazione.
Quando
ormai le cariche della cavalleria fanno parte della storia del
passato, glorioso ma passato, quando l'umanità si sposta con
autovetture, treni ad alta velocità, aeroplani ed elicotteri,
quando anche le carrozze dei vetturini, romantici veicoli di turisti
e d'innamorati, rischiano di esser messe al bando, quando gli
arabili campi sono solcati da potentissime macchine, il cavallo,
nobilissima creatura, vede la sua unica ragione di sopravvivenza
nello sport.
Non
è affatto da escludere che quel che resta della caccia in Italia
(ben poco, purtroppo) sia presto abolito con un tratto di spugna, ed
è soprattutto prevedibile che una volta accaduto questo deprecabile
fatto la sorte del cane da caccia nel "bel paese” sia segnata. Ma
resterà sempre, in altre parti d'Europa e del mondo, l'orticello di
Bruna, dove la razza dei nostri cani assurgerà ad un ruolo sempre
più alto: la conservazione dell'onore e del blasone di famiglia.
Questa
è la prima branca. La seconda, invece, è quella di tipo secondario,
utilitaristico. Nessuno, credo, può aver mai realisticamente
pensato che un cane che nasce da una stirpe indomita di trialer,
qualora non riesca ad emergere in GC, sarà comunque un eccellente
cane da caccia. Visione ingenua e velleitaria e infondata quant'
altre mai.
Se
vogliamo, e dobbiamo, essere coerenti, devesi innanzitutto
riconoscere che la selezione del buon cane da caccia ha poco a che
vedere con quella del trialer. Il caparbio, ostinato, meticoloso
lavoro del cane da caccia non ha alcun punto di contatto con
l'astratto schema della cerca incrociata, la sua selvaggina è molto
più difficile da cacciare, il suo ambiente d'elezione è in molti
casi il bosco, il roveto, il canneto, il padule, le distese di folti
arbusti, le cime rocciose, dove si richiede sagacia, prudenza,
scaltrezza, magistero artigianale, passione, intelligenza venatoria,
astuzia, mestiere, riporto, recupero, fremente dimenìo di coda che
serve a mostrare la vicinanza del selvatico, naso a scrivere per
terra, a dipanare l'intricato errore dell' usta, volontà di svolgere
un lavoro di coppia, sì, ma con il cacciatore, in una meravigliosa
intesa, collegamento, cooperazione tra uomo e cane! Tutte cose che
esulano anni luce dal limitato e ripetitivo repertorio del trialer.
Insomma, come la GC è il potente, ben congegnato laboratorio di
selezione del trialer, depositario delle più aristocratiche
prerogative, del tutto coerentemente con questo si deve riconoscere
che l'unico modo di selezionare il cane da caccia è la caccia.
Tuttavia,
a ben guardare, alcune delle preclare qualità del trialer, che
meravigliosamente si selezionano per mezzo della GC, non possono che
essere di grande beneficio se iniettate nella fattrice da caccia. Chi
può negare che il fisico temprato del grande atleta, e la potenza
olfattiva congiunta con la prontezza di riflessi siano un aiuto
preziosissimo per il cane da caccia? Ci sono stati, e ci sono, vecchi
e saggi allevatori che si basano sull'abilità venatoria, nello
scegliere i riproduttori, ma ogni due, massimo tre generazioni,
provvedono ad accoppiare con il gran trialer, per impedire
l'affievolimento dei mezzi fisici, che se è incompatibile con la GC
è assai dannoso anche per la caccia, che esige molta forza fisica.
Quindi
la GC da un lato basta a se stessa, alla sua nobilissima missione di
salvaguardia del patrimonio delle razze, e dall'altro fa da serbatoio
per il rinsanguamento di altre popolazioni canine, adibite a scopi
pratici. Né più né meno di ciò che avviene nei cavalli, dove il
purosangue inglese, oltre all' imperativo categorico di tramandare se
stesso, rinsangua anche le razze da lavoro, da sella, da concorso
ecc. Perché, tornando alla fine e come sempre a Federico Tesio,
nessuno può competere con le celebrità, in qualsiasi campo.
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